domenica 29 luglio 2012

Appunti sulla misoginia

da Andrea Franulic Depix / Movimiento Rebelde del Afuera*



 Questo scritto parte dalla mia  esperienza  e abita le  parole polítiche di Margarita Pisano(1), che condivido pienamente.

 Si parla spesso di misoginia,però penso sia fondamentale per noi capirla, dal momento che attraversa tutti gli ambiti delle nostre vite : l'intimità, il pubblico, il privato, impedendoci di vivere bene... impedendomi di vivere bene.

La misoginia è l'odio e la profonda paura delle donne;  la parola deriva dal greco μισεω (io odio) e γυνη gyne, donna, e significa "io odio le donne". E' il motore della femminilità (2), che la fa girare su stessa, creando amore-ammirazione per gli uomini e il loro sistema e disprezzo e invisibilizzazione nei confronti delle donne. E' il leitmotiv nei concetti letterari.

Da molti secoli viviamo una cultura misogina: pensata, creata, organizzata ed esercitata dagli uomini. Dovuta forse all'ancestrale paura maschile, nei confronti di un corpo che sanguinava ad ogni ciclo ed era capare di partorire. Non voglio riferirmi all'origine di questa cultura patriarcale e misoginia, però voglio sottolineare che condivido l'ipotesi dell'esistenza di precedenti civiltà più umane  e vitali presiedute da Consigli di donne.
Oggi, noi donne continuiamo a manifestare la nostra schiavitù agli uomini ed il loro sistema, riproducendo tra di noi relazioni misogine.  Trappola della mascolinità,che nasconde i veri responsabili e ci trasformi nelle loro complici, senza essere colpevoli.

Per uscire da queste trappole, per conoscerle e guarire da esse, voglio cominciare l'analisi e una possibile revisione della misoginia tra le donne. E, pertanto,  anch'io penso che da noi è possibile creare una civiltà più umana e relazioni più degne e felici,se riusciamo ad uscire dalla femminilità, così come dalla mascolinità; in altre parole, se evitiamo di fornire materiale emotivo ed ideologico al sistema.
Come fare? In promo luogo, un pò di farina setacciata e due cucchiai di zucchero a velo.
 In secondo luogo, capire che non ci sono formule né ricette date;  si all'esperienza tra donne che conosce, comprende, analizza, interpreta, studia, condivide,converge,diverge, emoziona, progetta, identifica, riconosce e ancora, ancora. Non mi sto riferendo all'esperienza di complicità "femminile"ma all'esperienza conoscenza-saggezza di donne che hanno osato pensare al di fuori del sistema.

Questa esperienza è ciò che mi ha aiutato a decolonizzare il mio sguardo e vedere tutto ciò che a noi donne è stato negato e rubato ,tutto quello che ci tiene in trappola;  vedere, per esempio, che il mio corpo di donna messo da parte, in silenzio,veniva trapassato da sguardi estranei, che gli dicevano come muoversi,come vestirsi,come sentire,come parlare e come tacere, come sedurre e come pensare.  In cosa credere e valorizzare, con chi e come erotizzarsi; a chi temere e come amare...

Un corpo che, alla fine, doveva vivere in funzione-proiettiva di altri specchi e non di se stesso. Perché allora dovrebbe amarmi?

Questa vita prestata ha segnato tanto le donne, privandole dell'autostima. E l'autostima ha a che fare con la volontà di pensare ad un progetto di vita e umanità proprie :  riguarda l'essere persona. Si tratta di un'etica diversa, non predeterminata dalle leggi di Zeus. E se una non si ama da se stessa veramente, al di là dell'Io (che funge a volte come un rafforzamento di insicurezze, paure e complessi) è molto facile da disprezzare o proteggere, che è l'altra faccia del disprezzo. La misoginia si apprende e la insegna un'altra donna.

Il sistema maschilista patriarcale è così efficiente che domina attraverso i suoi schiavi;questa efficienza gli è  costata molto sangue, tra l'altro.  I suoi schiavi più efficaci sono stati e sono le donne, che trasmettono il mandato di sottomissione / ammirazione per gli uomini e il loro modello di società...   La madre, con le sue parole e i suoi silenzi, avvalora l'obbedienza che ci si aspetta da noi.  Il silenzio è storicamente femminile e molto violento; ci educano per e dentro di esso.  È l'arma dell' oppresso, una coda di scorpione che avvelena l'anima:  perché se non mi esprimo, il mio corpo  si ammala e muore contenuto.  Le madri sono le prime donne con le quali interagiamo e che ci tradiscono nell'esigere, a volte, molto ambiguamente, perché anche se lanci dardi di ribellione - subiamo le stesse sofferenze che esse hanno patito. Questo fondamentale tradimento contribuisce ad insegnare alle donne di non amare le donne e si perpetua con molta forza ed insistenza nelle parole della professora e della zia, poi in quelle degli amici e, bene presto, nelle nostre.
Le relazioni misogine tra donne possono assumere molte forme, esplicita o meno, dall'invidia e competizione segreta o palese all'amore più febbrile o protettivo.  Ognuna di queste espressioni è funzionale al sistema e giustifica la misoginia al di là di ogni discussione.

L'invidia tra le donne è stata rappresentata nei miti patriarcali e nei racconti di fiabe che da questi sono derivati; in questo modo le proiezioni femminili sugli uomini si sono cristallizzate nel campo del sacro e dell'intoccabile  approvando i modelli che si sono via via costruiti nella realtà.  L'invidia tra le donne ruota intorno al riconoscimento sessuale o intellettuale  di un uomo (o donna) che sceglie. La scelta tra tutte è un'eccezione tra le schiave... la più obbediente. Come afferma Adrienne Rich: “...la obbediente figlia del padre che c'è in noi è solamente una giumenta da tiro".”(3)
Questa invidia è  sufficiente per ignorare le idee di ribellione di quelle alle quali non interessa essere " prescelte".

Inoltre, le protezioni assistenzialiste (4) tra donne lasciano intatto il sistema di dominio a cui siamo assoggettate. Una donna che protegge un'altra donna diffonde la convinzione della propria debolezza nei confronti delle altre, cioè si protegge e in questa nicchia di insicurezze e sofferenze, nulla cambia, piuttosto consegna potere e, in fondo, ammira coloro che controllano per mezzo della paura.  Questo sistema legittima le relazioni protettora - traditora tra le donne, perché in esse le donne non si riconoscono come eguali - pensanti, ma come madri la cui unica funzione è quella di amare senza amor proprio.

Ciò che non è funzionale e terrorizza i sistemi di potere maschile è  che le donne PENSINO INSIEME  fuori dalle loro logiche e condizionamenti. Per noi e non per loro.Per analizzare e decostruire il sistema esistente.
Siamo disposte a credere nelle nostre capacità umane e legittimare le nostre idee ribelli, quelle che non si rivolgono al senso comune installato?   Siamo disposte a rompere le catene di questi racconti di "favola"?

Perché se questo non accade continueremo a ripetere le relazioni culturali di dominio/sottomissione che rosicchiano le nostre dignità, soffocandole di false protezioni, ingannandoci e seminando diffidenza tra noi stesse.

Questo documento è stato presentato a Santiago del Cile, anno 2003.

Note

(1) Architetta,pensatora e  critica della cultura vigente. Fundatora de La Morada y La Radio Tierra. Inoltre, del Movimiento Feminista Autónomo y el Movimiento Rebelde del Afuera. Ha publicato tre libri e diversi artículi e saggi.

(2) Intendo la femminilità como una costruzione culturale pensata dentro la mascolinità è in questa contenuta. Vedere El triunfo de la masculinidad, Margarita Pisano, 2000, Ed. Surada, Santiago de Chile.

(3) Su  menzogne,segreti e silenzi.

(4) “Uno dei modi  più comuni  (ed anche più accettati) di non rispettare una persona –la experienza  di una persona- è correre in suo aiuto quando se sente “male” o a disagio” in Accorgersi di John O. Stevens

Grupo de mujeres ixchel.


(traduzione di Lia Di Peri)
 

lunedì 23 luglio 2012

Peña Nieto non è il nostro presidente!



Migliaia di messican* hanno manifestato nel fine settimana a Città del Messico contro la vittoria del candidato del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), Enrique Pena Nieto, accusato di compravendita dei voti.
La manifestazione non era stata organizzata da nessun partito politico, ma raccoglieva trasversalmente elettori di tutti i partiti dell’opposizione e i giovani del movimento studentesco YoSoy132, fortemente critico verso il neo eletto Presidente.


Cose che bisogna sapere di Enrique Peña Nieto
Enrique Peña Nieto (e i suoi tre fratelli) fu educato secondo i canoni del più tradizionale cattolicesimo.
Trasferitasi la famiglia nella capitale messicana, Enrique partecipava la sera al ristretto gruppo “Famiglia educata nella fede” e nella quale ricevette la catechesi. Anni dopo, rimasto vedovo ( in circostanze sospette) della prima moglie Mónica Pretelini, avrebbe fatto pressione (riuscendoci) sul Vaticano, affinché annullasse il precedente matrimonio della sua seconda moglie, l’attrice di telenovelas,Angélica Rivera.
La proverbiale ignoranza di Peña Nieto
L’attuale presidente del Messico è autore di un libro e lettore dubbio di tre. Alla domanda di un giornalista su quale fossero i suoi tre libri preferiti, l’allora candidato del PRI, prima sudò (“come se avesse ricevuto un gancio al fegato”) poi, menzionò l’autore di un libro confondendolo con un altro, poi altri duelibri dei quali, però i non ricordava il titolo.
Sospetto femminicida
Il suo primo matrimonio con Monica Pretelini,madre dei suoi tre figli è passato tra le infedeltà di Nieto.Dopo una forte depressione, arriva improvvisamente la morte, nel 2007, in circostanze tali da generare sospetti e insinuazioni sulla (presunta) responsabilità di Peña Nieto. Quel che è certo è che mentre era sposato con Monica intrecciava altre due relazioni, dalle quali nascono altri due figli, uno di essi morto di cancro ad un anno di vita. Mentre la madre dell’altro figlio ha accusato l’attuale presidente di non adempiere alle sue responsabilità di padre.
Responsabile delle atrocità ad San Salvador Atenco
Nel 2006, per sedare una prostesta degli abitanti di quella città, ordina l’ingresso della forza pubblica. Dagli scontri rimangono vittime due giovani. In quei gioirni di terrore, la polizia abusa e violenta le donne, procede all’arresto e tortura di cittadini ed attivisti alcuni minorenni. Preleva dalle loro case gli abitanti senza un mandato, saccheggia e ruba.
La Corte Suprema indagherà e dichiarerà che ad Atenco vi fu violazione dei diriti umani. Ma nonostante la dichiarata responsabilità dell’ordine dato, Nieto non ha affrontato nessuna conseguenza politica. Vicecersa il leader del del Frente de Pueblos, Ignacio del Valle, è stato condannato a 60 anni di prigiona che sta ancora scontando.
Il Femminicidio
Le morti di Città del Messico (dove Nieto era governatore) sono molte, ma molte di più di quelle di Ciudad Juárez.
Queste le cifre: nello Stato del Messico, il Ministero della Sanità ha registrato la morte per aggressione di 2mila 673 donne tra il 2000 e il 2009. Mentre a Juárez e in tutto lo stato di Chihuahua, nello stesso periodo si sono registrate 843 femminicidi.
Nei 107 dei 125 comuni, secondo le statistiche ufficiali e federali la cifra dei femminicidi, durante l’ultimo decennio è la più alta a livello nazionale, che è 2,4 donne per 100.000 donne residenti nel paese. E una dozzina di comuni di Città del Messico hanno un tasso superiore a quello di Juárez, che è di 6,4 femminicidi.


(sintesi tratta da Otramerica, testo tradotto da liadiperi)


Le Arrabbiate hanno espresso ed esprimono il loro appoggio alla rivolta messicana.



Giù le mani dalla legge 194/78


Lo scorso 20 giugno 2012, la Corte Costituzionale è stata chiamata ad esprimersi in merito alla costituzionalità dell’art. 4 della legge 194/78 nonché rispetto alla coerenza della stessa una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulle invenzioni biotecnologiche. La Consulta è stata chiamata in causa, lo scorso gennaio, da un giudice del Tribunale di Spoleto che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale  in seguito alla richiesta di una minorenne di abortire senza l’obbligo di coinvolgere i genitori.

Sotto assedio, in particolare, era l’ articolo 4, secondo cui per l’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) entro i primi novanta giorni, “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” può rivolgersi a un consultorio.

Per il giudice minorile, la norma comporterebbe “l’inevitabile risultato della distruzione di quell’embrione umano che è stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto”; inoltre, più in generale, la legge 194/78 sarebbe, secondo il giudice di Spoleto, in contrasto con i principi generali della Costituzione (in particolare con gli articoli 2 e 32, quelli relativi alla tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e al diritto fondamentale alla salute dell’individuo).
Prima che la Consulta respingesse il ricorso, Le Arrabbiate hanno voluto esprimersi in difesa del diritto di scelta delle donne, dicendo “Giù le mani dalla 194″.



Le immagini del nostro sit-in virtuale.








Quando i mass-media normalizzano i femminicidi

Nel maggio 2012, l'Avvenire pubblica un articolo intitolato "Fedeltà. Per tutti l'unico antidoto alle passioni criminali", firmato da Maurizio Patriciello.

E' solo uno dei milioni di esempi di come i mass-media si accostino al tema della violenza di genere e dei femminicidi, tuttavia questo esempio è particolarmente grave. Grave perché l'articolo in questione si fa portatore di un'idea ben definita: l'infedeltà della moglie causa la sua morte per mano del marito.

[...] il tradimento, anche il più insignificante, è un veleno mortale per la vita di coppia, e che può indurre a macchiarsi di atti insensati. Nulla, infatti può attenuare la responsabilità di un atto di violenza, e ancor di più se contro la donna. Resta il fatto che non è giusto ingannare il prossimo facendo balenare l'idea che il tradimento potrebbe essere un gioco.

"Atto insensato" è l'ennesimo modo - che si somma a "raptus", "follia", "omicidio passionale" - per chiamare il femminicidio.

Partendo da questo spunto agghiacciante, abbiamo voluto offrire un piccolo contributo che riassumesse la modalità che i media utilizzano per parlare degli omicidi commessi per odio di genere.
Perché "le parole sono azioni" (L. Wittgenstein, 1953, "Ricerche filosofiche").





Petizione: La Violenza Simbolica Del Giornalismo Italiano




Diverse sono state le reazioni all’articolo di Massimo Fini pubblicato dal Fatto Quotidiano dal titolo “L’ossessione per la donna
C’è chi si è dissociato, chi si è sentito offeso, chi l’ha insultato.
D’altra parte non è nuovo Fini a certi discorsi su quello che meno conosce, le donne.
Non ce ne voglia l’ego del giornalista se non ci dilunghiamo sulla sua persona, un concentrato di misoginia e teorie strampalate tendenti al dualismo madre/prostituta con una certa predilezione per quest’ultima categoria.
Il punto centrale del suo articolo non riguarda lo sproloquio al quale, a malincuore, siamo abituate ma la responsabilità di introdurre alla realtà e al suo significato, responsabilità di certo sua ma anche di un certo giornalismo compiacente.
Non ci vogliono intellettuali e fior fiori di studiosi per realizzare che i media si sono affiancati, se non addirittura sovrapposti, alla famiglia e alla scuola nel veicolare educazione e acculturazione diventando il soggetto di quella rivoluzione che ha cambiato radicalmente il modo in cui circolano le idee.
Quali sono, dunque, le idee messe in circolo da Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano e la maggior parte della stampa attuale quando si parla di donne e di quello che le riguarda direttamente o indirettamente?
L’articolo “incriminato” affrontava il tema della violenza mantenendo un registro didattico, analizzandone le cause e anche osando consigliare rimedi arcaici per arginare la stessa.
Sono state usate parole banalmente sessiste, “vispe terese” e “sora Carfagna” per citarne alcune.
Ma il meglio del sessismo è stato espresso nei contenuti portando ad esempio il massacro della Maiella, scomodando Lawrence, utilizzando il termine “virile” di cui è stata data una libera interpretazione e, infine, consigliando saggiamente l’elementare prudenza che si confà alle donzelle sculettanti.
Se all’articolo fosse stata allegata la classica immagine della donna vittima di violenza, ovviamente fisica perchè la psicologica non è neanche contemplata, bella, scosciata e scollacciata avremmo avuto un riassunto fedelissimo del giornalismo italiano.
In un periodo, uno dei tanti e troppi, in cui l’incolumità delle donne è praticamente inesistente ci chiediamo quanto sia umano e civile perpetrare un certo tipo di idee e opinioni.
E’, infatti, innegabile l’ingiuria alle parlamentari che ha citato nei suoi articoli (al di là dell’affinità politica e di pensiero) così come è innegabile l’istigazione al femminicidio nel momento in cui lo stupro di tre donne con l’uccisione di due delle stesse viene banalizzato nell’immagine delle donzelle sculettanti e nell’istinto, allo stesso modo è innegabile la violenza (verbale e di pensiero) di cui è intriso tutto l’articolo se la guerra e la forza fisica sono l’unico argine alla virilità maschile ignorando gli stessi militari che, tutt’oggi, si arrogano il diritto di saccheggiare non solo le città ma anche le donne (mai sentito parlare di stupri di guerra? Rientrano nel pacchetto virilità?)
Non volendo ledere la libertà di espressione dietro la quale si nasconde Massimo Fini ( e quasi tutta la stampa italiana) dimenticando volontariamente o involontariamente che la sua libertà finisce dove inizia la nostra ed evitando di essere fascista censurando i suoi pensieri, i quali però censurano i nostri abiti se non vogliamo correre il rischio di essere “inchiappettate”, e prima di scomodare anche noi un uomo, vogliamo ricordare in merito alla tanto richiamata libertà di espressione, che agli inizi del 2009, L’Unesco, in collaborazione con la Federazione Internazionale della Stampa, pubblicarono un Manuale che riprendeva le linee guida emanate alla Conferenza di Pechino del 1995, la quale riconobbe l’importanza di stabilire un equilibrio nei mezzi di comunicazione per contribuire al progresso delle donne e per intraprendere azioni contro la diseguaglianza nell’accesso agli stessi mezzi di informazione.
Il manuale dell’Unesco, diviso in quattro aree tematiche è uno strumento di lotta contro la discriminazione, contro i pregiudizi esistenti all’interno dei mezzi di comunicazione che rappresentano ancora la donna come ” la sofisticata gattina sex, la madre modello, la strega … la inflessibile ambiziosa nell’azienda o in politica” e che limitano l’accesso al potere nella società.
“Il giornalismo deve darsi una immagine giusta, usare un linguaggio neutro non sessista, ed evitare di etichettare le donne con le pagine dedicate allo “stile di vita” o notizie leggere”.
Scriveva Pierre Bourdieu ne “Il dominio maschile”:
“Lungi dall’affermare che le strutture di dominio sono anistoriche, tenterò invece di stabilire che esse sono il prodotto di un lavoro incessante (quindi storico) di riproduzione cui contribuiscono agenti singoli (fra cui gli uomini, con armi come la violenza fisica e la violenza simbolica) e istituzioni, famiglie, chiesa, scuola, stato”.
E, aggiungiamo oggi – più di tutti i mezzi di informazione.Nei quali – nonostante i numerosi richiami e raccomandazioni –   la violenza strutturale contro le donne invece di essere rappresenta per quello che è -vale a dire – un problema politico e di cultura patriarcale, viene svuotata di contenuto. Stessa sorte per il Femminicidio naturalizzato”crimine passionale” se, non addirittura normalizzato, a causa dei nostri “sculettamenti” quotidiani.
Firma anche tu!
(testo della petizione elaborato e scritto da Medea)