venerdì 24 febbraio 2017

Mercato di uteri.

I corpi delle donne non possono diventare oggetto di compravendita.

Beatriz Gimeno*




L’unico argomento dei sostenitori degli uteri in affitto è la libertà individuale. Parlano anche di un presunto diritto a essere padre/madre ma tutti saranno d’accordo che tale diritto non esiste se si oppone ai diritti degli altri. Non vi è alcun diritto di utilizzare una donna affinché qualcuno soddisfi quello che è un desiderio, legittimo, comprensibile ma, sempre, un desiderio. Comprare una gravidanza, un organo, sangue, ovuli, cornee ... non è un diritto di nessuno. Trasformare i desideri in diritti è ciò che fa il neoliberismo, attraverso il denaro, ovviamente.
Non abbiamo ottenuto quelli che sono i diritti reali (abitazione, lavoro, sanità, ecc.) mentre avanziamo velocemente verso il consolidamento dello unico diritto che riconosce il capitalismo: il diritto a consumare.
I diritti che esistono solo mediante un prezzo (c’è una domanda per comprare, però, non c’è la domanda di vendere) sono, in realtà, privilegi. Ogni volta che qualcuno rivendica il diritto di acquistare, in un mondo di disuguaglianza brutale come questo, quello che si sta facendo è esigere che qualcuno venda la stessa cosa che si desidera. Ogni volta che si apre la strada al mercato, ciò che si fa è obbligare i poveri a entrare in esso e vendere quello che nessuno venderebbe se non fosse nella situazione di dover fare così. E gli uni e gli atri mai si troveranno in condizioni simili o intercambiabili. Se apriamo, quindi, il mercato degli organi, i ricchi li compreranno e i poveri saranno obbligati a venderli.
Le donne che gestano per le altre, non potranno domani (nel caso rimanessero sterili, per esempio), pagare per un figlio, nello stesso modo in cui mai vedremmo una ricca gestare per un’altra, mediante il denaro. Semplicemente nessuno lo fa se non ha l’estrema necessità di farlo. Dove si riconosce il diritto dei ricchi a comprare si stanno obbligando i poveri a vendere.
Il dibattito, quindi, non riguarda la libertà delle donne di gestare per altri ma,se come società, scegliamo di mettere le donne più povere in quella situazione o togliamo il problema alla radice.
Una gravidanza non è una tecnica riproduttiva e la sola denominazione offende. Se la gravidanza surrogata è una tecnica, allora, tutta la gravidanza lo è e noi siamo delle incubatrici.
Il modo in cui l’embrione si impianta nello utero, non ha nulla a che fare con la gravidanza. 
O,tutte le gravidanze, hanno una natura tecnica o tutte le gravidanze sono processi vitali in cui le donne mettono il loro corpo, ma molto di più rispetto al corpo. Lo sforzo, i rischi, la salute, le sensazioni, l’insonnia, il senso di pesantezza, i cambiamenti ormonali, fisici e psicologici; non vi è alcuna differenza tra una gravidanza con embrione proprio o estraneo. Il corpo si pone allo stesso modo, la soggettività è interpellata allo stesso modo. Chiamare una gravidanza per soldi, ”tecnica” cerca solo di spazzare via la gestante, renderla invisibile, oggettivarla. Per questa ragione una donna incinta ha sempre gli stessi diritti, sia arrivata come sia arrivata a quella gravidanza.
Sono diritti ai quali non si può rinunciare per prezzo, per contratto: sono diritti inalienabili.
Infine, è possibile donare in modo altruista la gravidanza? Penso di sì, come nello stesso modo si può donare un rene a un parente, però, chi difende questa pratica, non si riferisce a questo e parlano sempre di “compensare le spese”. Se è altruismo, non ci saranno spese da compensare.  In ogni caso, devono essere salvaguardati i diritti della gestante in tutto il processo. Il diritto di abortire prima, durante e dopo e il diritto di ripensarci. Credo che questa donazione dovrebbe essere limitata a famigliari di primo o secondo grado, in modo che, la gestante, non scompaia dalla vita del bambino e sia parte del suo mondo affettivo.
Così la disciplina, la legge brasiliana, ad esempio.
E’ sospetta la facilità con la quale molte persone che conoscono perfettamente i rapporti tra mercato, disuguaglianza e libertà individuale, assumono senza problemi che i corpi delle donne possano essere oggetto di compravendita. E lo fanno brandendo la libertà individuale.
Credo che abbia a che vedere con ciò che noi donne portiamo sul mercato (simbolico e materiale) sin dal primo istante del patriarcato e il capitalismo.

Beatriz Gimeno, femminista, lesbica, deputata di Podemos
traduzione di Lia Di Peri


El Pais

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