domenica 12 agosto 2012

La chirurgia estetica: un modo di materializzare i corpi

 Un'analisi sulla standardizzazione dei corpi nella società messicana è una chiara espressione dei paradossi della tarda modernità.


di  Elsa Muñiz García, antropologa e storica.


La società contemporanea messicana caratterizzata da una crescente domanda di corpi perfetti, belli e sani, ha adottato e prodotto una gamma di modelli di bellezza per uomini e donne, che si traduce nel disconoscimento ed esclusione della diversità sessuale, che promuovono la discriminazione razziale e dei/delle disabili e anche di coloro che non non soddisfano le caratteristiche di bellezza che vengono attribuiti alla pelle bianca, capelli biondi, ai tratti "Caucasici", l'altezza e  l'estrema magrezza.

Gli standard corporali imposti ad una società eterogenea, come quella messicana,è  l'espressione più chiara di uno dei più grandi paradossi della tarda modernità,  che  mentre promuove un riconoscimento della differenza, trasmette gli elementi  discriminatori e di esclusione divenuti quotidiani. Il raggiungimento di tali standard di bellezza e la  trasformazione  dei loro corpi in "corpi perfetti" è diventato uno degli obiettivi fondamentali della esistenza dei soggetti.  La chirurgia estetica è diventata quindi,una pratica comune in tutti i settori sociali, provocando effetti di vario tipo, dei quali i più  significativi relativi alla auto-percezione delle donne e degli uomini, come i cambiamenti corporali,la modifica delle caratteristiche del viso (naso, guance, occhi, labbra, mento), le modifiche alla massa corporea (liposuzione, protesi), fino al cambio di sesso hanno implicazioni nella soggettività e 'identità. E 'stato riconosciuto, per esempio,che le cosiddette etnochirurgie occupano il primo posto per lo sbiancamento della pelle,per l'ingrandimento degli occhi o per la modifica del "naso meticcio". E''anche importante il dibattito suscitato in gran parte dal femminismo, sull'agenzia delle donne o la loro risposta alla imposizione di modelli attraverso la manipolazione del prorio corpo.


La bellezza non può essere compresa senza tenere  in conto il genere e il potere (Bordo, 1990). Concentrarci sulle pratiche di bellezza, come dieta, esercizio fisico e, in particolare, la  chirurgia estetica, comprese le dichiarazioni e le rappresentazioni,ci permette di esplorare i modi per stabilire il rapporto tra genere, potere e corporeità nella cultura occidentale. Sulla base del concetto di "materializzazione dei corpi", sviluppato da Judith Butler, i discorsi e le pratiche corporee sono atti performativi che materializzano i corpi, decifrabili solamente come corpi femminili o maschili.

In una discussione con i costruttivisti, Judith Butler ha sottolineato l'importanza di non concepire il corpo come una superficie di iscrizione o come un'entità " prediscorsiva". Nella sua nozione scompare l'idea del corpo come biologico,e si impone la cultura per la  quale il corpo è il risultato della capacità produttiva. Il corpo femminile in questo senso,esprime con precisione questi effetti di pratiche e discorsi della femminilità, in particolare da quel dispositivo corporale che  è la chirurgia estetica. I vari modi con cui le donne dovrebbero ornare o alterare i loro corpi lavorano per eliminare le differenze tra esse, producendo  come effetto contraddittorio, l'omogernizzazione. La soppressione dei significati specifici, ruba alle pratiche di bellezza, il loro significato politico e le rende ideali per la normalizzazione della femminilità in tutte le sue forme riducendo così la forza della nozione di corpo come metafora, così caratteristica della nostra epoca.

Le pratiche dirette al mantenimento e miglioramento del corpo vengono percepite come il mezzo per realizzare il progetto personale, così come il modo di sconfiggere la morte e il decadimento individuale. Le pratiche di bellezza, in particolare, la chirurgia estetica, hanno rafforzato l'idea della strumentalità del corpo; la nozione del corpo-macchina modificabile e riparabile si alimenta della convinzione che queste pratiche dimostrano la riconquista del corpo da parte delle donne. Da ciò possiamo comprendere una delle principali discussioni generate dalla diffusione della chirurgia estecica, che mette al centro la"rappresentanza"delle donne tradotta nella domanda femminista del diritto " a decidere sul proprio corpo"
L'idea che il corpo possa essere controllato dal potere, cioè il potere della mente sulla materia rafforza i rapporti gerarchici tra i sessi. Le donne pensano che controllare o contenere i loro corpi mediante  pratiche estetiche, possano fuggire dalla percezione di insufficienza, dall'idea di non essere abbastanza buone o idoneamente belle. Così, nel bel mezzo di un paradosso, le donne  si sentono potenziate o liberate dalle regole e pratiche di bellezza, che le vincolano e schiavizzano, fino ad arrivare,  in molti casi,ad un autentico sacrificio nel quale i loro corpi sono l'offerta.

Bordo (1993) sottolinea l'importanza di considerare la storicità delle pratiche di bellezza per collegare l'individualità ad un contesto più ampio di potere e gerarchie di genere, ma analizzando il complesso e contraddittorio lavoro  dei discorsi sul corpo, il controllo e la femminilità.
Bordo, mostra perché le donne sono particolarmente sensibili alle lusinghe del sistema bellezza, sollevando inoltre, la questione che le pratiche di bellezza non sono semplicemente un artefatto del consumo capitalista, della femminilizzazione della cultura o delle contraddizioni della modernità,  ma sono fondamentali per la riproduzione delle relazioni di dominio e subordinazione, per perpetuare le limitazioni e gli effetti disciplinari della femminilità.
Oggi,la chirurgia estetica è diventata un fenomeno di massa,  per cui la consideriamo come una pratica di democratizzazione. Tuttavia,dobbiamo porre attenzione alla sua natura biopolitica, in quanto diretta al controllo del corpo collettivo della società, non solo creando modelli estetici per le donne,ma generando nuove e non tanto nascoste forme di discriminazione (razziali, di classe, di età).


revista.con la a


(traduzione di Lia Di Peri)






                                                                   


                                                                    

1 commento:

  1. certo il fenomeno della "chirurgia estetica razziale" è inquietante ma non vorrei passasse il generico messaggio che chiunque curi il suo aspetto in un certo modo, oppure si faccia la plastica al naso sia sempre e comunque una vittima del sistema incapace di decidere per sè.
    Sono sicuro che l'autrice non intendeva questo

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