venerdì 22 febbraio 2013

Per la stampa, la vittima è Pistorius


Marta Mediano García - pikara magazineSe l'assassino/maltrattatore si chiama Manolo e vive a Villacañas,la giornalista intervisterà i suoi vicini: "era una persona molto buona", "faceva tutto per lei e la famiglia" e chiuderà il pezzo elencando per quel mese, il numero delle vittime di violenza machista.

Se il presunto omicida si chiama Oscar Pistorius - fra l'altro, marcando bene il "presunto", la storia non è che cambi, però mette in evidenza tutte le contraddizioni del discorso sessista dei media.

Poiché Pistorius è l'eroe nazionale di una comunità minoritaria e bianca in Africa,il  prototipo dell'uomo bianco europeo in grado di superare qualsiasi avversità e raggiungere il successo, il fatto che avrebbe presumibilmente sparato alla fidanzata, provocandone la morte,ha prodotto una piccola agitazione internazionale. Si sono organizzati incontri paralleli nei telegiornali, programmi speciali in prima serata e decine di editoriali sui principali quotidiani."
Per risarcire la vittima? Per analizzare il perché di questa violenza contro le donne?
No. Solo perché  l'onestà di questo uomo di successo non poteva essere messa in discussione.
Le vittime sono un'altra volta di più, aggredite e colpite, subendo l'umiliazione anche dopo la morte,un vero e proprio attacco sulla condizione umana premeditato e a sangue freddo.
Non v'è traccia di esse nelle notizie, nessuno le nomina. Di Reeva non si sa che la sua professione e il nome perché la stampa la definisce come una modella con aspirazioni televisive.
Il dramma non è che ogni giorno milioni di donne sono vittime di una qualche forma di violenza maschile. Né che molti di esse perdono la vita per mano di un uomo.Il dramma non è la loro assenza avvolta nel silenzio. Primo strato. Poi, un altro strato. Decine di giri che assicurano al colpevole l'impunità. Il dramma non è che nessuno può alzare la voce per tutte loro, che si imponga il ricordo che non furono importanti, così importanti per vivere ed essere ricompensate.

Il dramma nei mezzi di comunicazione è che Pistorius lascia i sudafricani, gli amanti dell'atletica e gli uomini occidentali, orfani di un leader da seguire. La tragedia è il dover rinunciare a partecipare alla prossima gara,causa l'apertura del procedimento giudiziale per l'assassinio della sua fidanzata,l'atleta di 26 anni non potrà competere in Australia, Brasile, Stati Uniti e Manchester.

Questa peggiore prova dei media, una la scopre quando è a casa ammalata. Sono stata diversi giorni a casa cercando di alleviare  il mio malessere e solitudine, davanti alla scatola idiota. Alle quattro del pomeriggio, Pistorius è di nuovo al centro di un programma: " La sua ragazza stava per entrare in un reality e questo buon uomo aveva paura, a causa della sua disabilità, di non essere all'altezza delle circostanze"

E'aberrante ascoltare come si possa essere capaci di giustificare in tale modo,la violenza sulle donne,non solamente strappare ad esse la vita,ma anche la dignità e oltre tutto,la vittima è nominata marginalmente, come il vetro che si rompe accidentalmente facendo scoprire che il ragazzo monello,anche se punito, era uscito per giocare a palla.
Davanti al giudice, Pistorius piange sconsolato. Anche Manolo l'avrà fatto quando  la Guardia Civile è andato a prenderlo.. Tutti i suoi amici sia che fossero giocatori del Manchester City, sia che fossero la band del Bar  Montes” attestano che "l'amava teneramente, era il più grande". Naturalmente lo affermano a tutto campo, conoscenti e amici:  né Reeva né la donna anonima si erano mai lamentate del trattamento dei loro partners.
Però nessuno mai si chiede se è possibile quando si convive con la paura di morire. 

sabato 16 febbraio 2013

La PAS è la risposta neo-machista all'accusa di pedofilia


Questa psicologa e attivista di Feminismos Sol ha seguito da vicino le storie personali dei suoi pazienti ai quali si sta applicando la Pas, che penalizza le madri e i suoi figli/glie, quando questi/ste si rifutano di frequentare i loro padri, nonostante vi siano diversi indizi  di abusi o violenze. In questa intervista la specialista spiega come si applica la PAS e come essa sia una nuova violenza per le donne.Fatima Urzanqui è un'attivista della Rete di Resistenza e di Risposta alle  violenze machiste, un' iniziativa di Feminismos Sol,che è stata presentata ieri, 15 febbraio, alla Librería Traficantes de Sueños Questa Rete nasce in un momento in cui la lotta contro la violenza machista sembra perdere legittimità, permeando i discorsi del codazzo neomachista che "colpevolizzano l'aggredita di essere il soggetto istigatore delle aggressioni", non soltanto tra la gente, ma anche tra soggetti con incarichi di responsabilità nella tutela delle donne ( giudici, magistrati, avvocati e procuratori).

Una delle molteplici violenza alle quali cerca di dare risposta la nascita di questa Rete è proprio la Sindrome di Alienazione Parentale (PAS) " una pseudo-sindrome con pretesa di oggettività scientifica che pone l'accento sulla punizione delle madri e delle sue creature,quando queste si sono rifiutate di visitare i loro padri, nonostante vi siano prove di abuso o violenza", sottolinea  la Rete nel suo comunicato.

Fátima,come psicologa,ha seguito da vicino le storie delle pazienti sulle quali viene applicata la "terapia della minaccia" promossa dalla PAS  sia dalle equipe psico-sociali dei tribunali, che nelle istituzioni pubbliche gestite da società ultraconservatrici. In questa intervista, analizziamo la storia e il procedimento di attuazione di questa pseudo-sindrome.

- Quando e perché nasce il concetto di Sindrome di Alienazione Parentale?

La Pas sarebbe una risposta neo-machista all'approccio istituzionale per via penale,della violenza, soprattutto della pedofilia. Sonia Vaccaro e Consuelo Barea nel loro libro 'La presunta Sindrome di Alienazione Parentale' dicono sia una sindrome creata "ad hoc" in materia di affidamento quando nasce il problema degli abusi sessuali. Infatti, è stata inventata da un pro-pedofilo,Richard Gardner,che sviluppò questa teoria per coadiuvare l'avvocato difensore dei pederasti.
Gardner aveva molto interesse a medicalizzare questo argomento,perciò attuò un ragionamento per analogia con la sindrome di Down e la polmonite da pneumococco, due malattie con una evidenza oggettiva molto chiara,contrariamente alla Pas. Questa estensione serviva per adottare la terapia che egli stesso chiamò "terapia della minaccia".
Questa terapia coercitiva sostiene l'annullamento della custodia, nei casi che presuppone più gravi per il genitore alienato in famiglia, di solito il padre. Minaccia anche il cambio di custodia nel caso in cui la presunta alienante, normalmente la madre,non collabori attivamente nel favorire la ripresa della relazione tra i figli/figlie e il padre. In quest'ultimo caso si proibisce qualunque comunicazione della madre e dell'ambiente materno con i figli e figlie.

Attualmente questa terapia si applica nei centri di incontri familiari o di sostegno alla famiglia e nei centri di attenzione all'infanzia, che sono istutuzioni sostenute con fondi pubblici, ma gestite da imprese private e, molte, con un'ideologia ultraconservatrice. Per esempio,la maggior parte dei punti di incontro spagnoli sono gestiti da Aprome, che è presieduta da Marisa Sacristán,Legionaria di Cristo.

- Quali difficoltà o problemi hanno in generale le donne,che hanno subito o soffrono abusi dai loro partner o ex partner?

In primo luogo, non riconoscono socialmente che siamo sessisti tutti e tutte,perché nasciamo in una società patriarcale. C'è da aggiungere che l'aggressore è una persona con la quale hai condiviso un progetto di vita, di amore, dove c'è dipendenza generata da chi abusa, causando una situazione di ricatto emotivo. Inoltre i minori e i mezzi economici sono le cause del blocco nella decisione.
Un altro problema è il disordine da stress post-traumatico delle vittime, che come è spiegato in Trauma e recupero ( di Judith Herman) non permette d fare un racconto lineare: hanno vuoti di memoria o narrano i fatti con una anestesia emotiva,come se non fosse successo ad esse. Questi comportamenti contribuiscono a screditare la loro testimonianza per incoerenza in ambito giudiziario, perché non conoscono le conseguenze psicologiche sulle vittime.

Quali sono le vie attraverso le quali si attua la PAS?

Due vie,quella civile,dove ingenuamente confidano che la giustizia, una volta conosciuto il rischio che corrono i figli istituirà un regime di visita, che rispetti i diritti dei minori. Ma il primo colpo è che i pubblici ministeri non sono presenti, perché sono sovraccarichi di lavoro; il secondo è che gli avvocati hanno poca formazione, così si stabiliscono regimi di visita standard, che non proteggono i minori. Da questo momento le donne decidono di denunciare, ma si interpreta ciò come un capriccio delle madri per allontanare la prole dai padri.E' qui che entra in gioco la PAS.

Le relazioni dell'equipe psico-sociali sono la seconda via. La formazione che hanno queste persone è molto abbondante in materia di PAS, ma scarsa sulla violenza di genere e psicologia infantile, così che diagnosticano soltanto su ciò che sanno. In più, si tiene in poca considerazione le relazioni di periti più qualificati. Né si dà altrettanta validità alle relazioni delle psicologhe specializzate in tema di violenza. I giudici prendono in considerazione soltanto i rapporti degli assistenti sociali,anche se si perizia per un'ora o poco più, tempo insufficiente per creare un legame di fiducia con i minori o per affrontare ciò che hanno sofferto.
In un caso di abuso sessuale rilevato nel rapporto di Save The children, una bambina fu periziata da un'assistente  sociale con il solo scopo di determinare la sua credibilità. La signora non solamente affermò che non era credibile, ma che era manipolata dalla madre e dichiarò che fosse data in custodia al padre.
Questo schema della PAS ha valore in ambito giudiziario dove c'è ancora una socializzazione patriarcale: si adegua meglio al concetto che le donne sono ingannevoli e manipolatrici, piuttosto che accettare che c'è una importante percentuale di padri che abusano delle loro figlie.  Sempre per l'economia emotiva,l'incesto non si vuole vedere perché fa molto male, ma in Spagna l'ultimo rapporto di Félix López,sottolinea che una bambina su quattro e un bambino su sette subiscono un qualche abuso.

La legge contro la violenza di genere lascia fuori molte violenze machiste,che succede con gli abusi sessuali a bambini e bambine? Anche se si avoca la via penale e il procedimento di divorzio arriva nel procedimento di violenza, la realtà è che in molti casi, la misura cautelare non include i figli e le figle. Si fa credere  che per un bambino sia essenziale relazionarsi con il padre,indipendentemente da che tipo di padre sia.


Un altro assunto è la mancanza di rispetto per le opinioni dei minori. Vengono trattati come "idioti mentali", ma sanno perfettamente con chi si trovano bene e con chi no. Nel rapporto di Amnesty International,una bimba abusata ha dovuto raccontare non si sa quante volte e, ogni volta, che racconti un trauma ti re-vittimizzi. Io non credo che ciò sia necessario e mi riferisco al caso di un giudice argentino, Carlos Rozanski, che instaurò in Argentina la camera Gesell. Si tratta di una stanza con alle pareti uno specchio a doppia faccia,da un lato ci sono i giudici e gli avvocati, dall'altro, il/la minore e uno psicologo che riceve attraverso un'auricolare, ciò che deve sapere della controversia. Tutto ciò che viene detto si registra in un video,che viene poi proiettato, se necessario, in molte aule giudiziarie.

 Io non capisco,tutto questo non c'è nella Convenzione sui Diritti dell'Infanzia.