di Isabel Cruz
Molto spesso, il femminismo non è ben capito e lo si può vedere nel 90% delle critiche che questo riceve. Il restante 10% delle critiche al femminismo riguarda i dibattiti teorici all'interno di esso. Personalmente non credo che ci sia poca discussione dentro il femminismo, viceversa, la dialettica è costante e molto arricchiente: ciò che succede è che la pressione che riceve dall'esterno è enorme. Quindi,mi concentrerò su quelle critiche che provengono dall'esterno,dato che il dibattito interno riguarda principalmente, il raggiungimento dell'uguaglianza e cosa significhi eguaglianza (se la differenza, per esempio,genera disuguaglianza o la misura in cui i ruoli di genere sono piene costruzioni sociali).
In primo luogo distinguerò i suoi detrattori in due tipi: i politicamente corretti e quelli che che identificano direttamente il femminismo al machismo. Entrambi ricorrono al neo-linguaggio, così da avere una più forte presa.
I politicamente corretti sono coloro che distinguono tra buon femminismo e il cattivo femminismo. Queste persone sono molto particolari, i loro tentativi di screditare le idee senza far apparire che disprezzano l'essenza del femminismo, risultano titanici e per la maggior parte del tempo,sterili. Sono quel tipo di persone, uomini o donne, che fanno la differenza tra femminismo ed embrismo,presupponendo l'esistenza del secondo. L'embrismo sarebbe quel sistema matriarcale in cui l'uomo vedrebbe raddoppiata la giornata lavorativa, guadagnerebbe meno della donna a parità di lavoro, ci sarebbe una divisione sessuale del lavoro in cui egli verrebbe pregiudicato, sarebbe confinato nella sfera privata,avrebbe molto meno libertà sessuale, sarebbe costantemente giudicato per il suo aspetto ( bene o male), sarebbe educato all'idea di sostenere,mediare, adattarsi,dipendere sentimentalmente, servire, stare dietro a... E soprattutto all'idea di non essere leader né di poter dissentire. Avete capito bene: l'embrismo non esiste né mai è esistito. Coniando questo termine si è cercato solamente di delegittimare il femminismo.
Questo tipo di femminista con i 'ma' lo trovo particolarmente offensivo per le sue incongruenze, che si producono soprattutto attraverso il paternalismo e la riproduzione del sessismo. E' come un amico supervisore: ti nobilita o ti scredita dalla sua usuale posizione di maschio-spettatore, senza rendersi conto che questo atteggiamento si oppone radicalmente al femminismo più elementare ( potenziamento, autonomia, parlare da pari a pari, ecc...) Il suo complesso di superiorità inconscia,anche quando è buonista,è paragonabile ad un hipster che pensa di aggiungere valore con il suo sguardo apprezzando un graffiti. Può sembrare un aneddoto ma, credetemi, nel campo del dibattito sulla parità della classe sociale o etnica,non ho incontrato comportamenti così prepotenti, incoerenti e kamikazi.
Poi, ci sono quelli più diretti, che non sono in grado di riconoscere il discorso femminista nel quale inciampano nel corso della vita. Sono queste le persone che,per femminismo, intendono embrismo e per sessismo capiscono misoginia (quando questa è la massima espressione del machismo, cioè una parte di esso). Qui, potremmo citare i ben noti casi,di coloro il cui obiettivo è l'egualitarismo,evitando la parola femminista in ogni momento, perché è qualcosa percepita negativamente. L'egualitarismo è il discorso della parità di genere, senza considerare la disuguaglianza di genere della quale la donna è storicamente vittima, come causa e asse centrale del discorso. L'egualitarismo tende a concentrarsi su un discorso mascolinizzato del mercato del lavoro: parità di retribuzione, come condizione per l'emancipazione della donna. Cioè, l'agualitarismo mette in discussione la conseguenza, mai la causa: perché la donna guadagnano meno dell'uomo? Perché il lavoro riproduttivo non è retribuito? Perché l'uomo non si coinvolge nel lavoro riproduttivo? Queste questioni nell'ottica egualitaristica non hanno nessuna rilevanza e vengono considerate deviazioni dal dibattito. E' come se la diseguaglianza di genere non la perpetuassero le persone, ma un'entità astratta, che fa si che le nostre aspirazioni di vita,al momento di adattarsi alla realtà subissero una metamorfosi. L'egualitarismo è molto pericoloso, perché in questa ottica di non mettere in discussione la causa della disuguaglianza consente il discorso biologista legittimando la diseguaglianza di genere. Un egualitarista potrà parlarti dell'"istinto materno" e così dicendo riconosce il lavoro domestico.Ecco perché dal egualitarismo si chiede la custodia condivisa perché credono che l'uomo ha il diritto di esercitare la paternità al momento del divorzio e non nel momento in cui deve esserlo .Il ruolo del padre cambia a seconda della presenza o assenza della madre,il ruolo del padre, non implica per se stesso un compito di cura: è la condizione di padre divorziato che lo fa apparire curatore come qualcosa a cui ha diritto ( insisto sull'importanza data alla parola diritto e non a quella di dovere).Ed è questo discorso che permette che la madre riceva la maggioranza delle custodie in caso di divorzio, perché in un divorzio con figli valuta soprattutto chi ha esercitato le attività di cura fino a quel momento,chi ha dimostrato competenze.
Per chi non lo sapesse, viviamo in un sistema etero-patriarcale nel quale la donna,soprattutto se è madre, ha il dovere di farsi carico della casa,a volte con l'aiuto dell'uomo,che è dall'altra parte, la fonte del reddito familiare: questo sistema si riflette fedelmente nella legge sul divorzio. Il divorzio non avvantaggia la donna in quanto tale ( al di là di una madre che ama ottenere la custodia dei suoi figli e figlie e di un padre che soffre nel vederli poco),la legge sul divorzio rimanda a quali siano oggi i ruoli di genere: madre curatrice e padre capofamiglia. Ruoli che non sono messi in discussione dall'egualitarismo mentre dal femminismo sì.
Che coincidenza...
la profesion va por dentro
domenica 12 maggio 2013
Sono qui a parlarvi di femminismo
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