mercoledì 5 settembre 2012

Stupro. Da pratica e dramma individuale ad azione terroristica e piaga sociale. Una carrellata di immagini e riflessioni.

Il termine "stupro" deriva dal latino: colpire, offendere, battere, percuotere.

Nella terminologia penale è indicato con il termine di "violenza sessuale", nel linguaggio corrente si fa spesso ad esso riferimento con il termine di "abuso".

Il termine "abuso" deriva ugualmente dal latino e sta ad indicare un uso eccessivo, improprio in senso quantitativo. Un abuso sessuale sarebbe dunque un uso smodato o eccessivo della sessualità. E' evidente che questo termine si rivela improprio dal momento che penalizza la quantità piuttosto che l'assenza di consenso da parte della persona lesa.






I dati ISTAT più recenti - risalenti al 2011 - mettono in evidenza fra tutte le forme di violenza sessuale: le molestie fisiche, ovvero l'essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l'aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1%).
Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini. I partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, e sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché‚ i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente, l'11,4% e il 9,1% dei partner.

Nel 2009 il Viminale durante un convegno dedicato alla violenza sulle donne, tenutosi a Roma, ha emanato i seguenti dati, raccolti sul territorio italiano:

  • Gli autori delle violenze sessuali sono italiani in più di sei casi su dieci.
  • Le vittime di violenza sessuale sono donne nell’85,3% dei casi e nel 68,9% dei casi sono di nazionalità italiana.
  • Gli autori di stupro sono italiani nel 60,9% casi, il 7,8% dei violentatori è romeno, mentre il 6,3% è marocchino.


Eppure c'è chi sostiene che in famiglia non avvengano affatto stupri. Che solo gli "stranieri" siano stupratori. Che gli stupri si consumino in strada, dietro qualche angolo buio, a tarda notte, ad opera di sconosciuti fuori di testa.




Eppure si continua a parlare solo di vittime italiane. E delle donne di origini non italiane non si cura nessun*. Tranne la polizia, ovviamente (perdonate il sarcasmo).




















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Ma di fronte a questi dati, che ci dicono chiaramente che non si tratta nè di episodi isolati e nè di eventi poco numerosi, possiamo davvero ancora parlare della violenza sessuale come di un fenomeno circoscritto e individuale?



LO STUPRO E' UN'AZIONE TERRORISTICA. 


E' trasversale alle culture, alle nazionalità, alle religioni, alle ideologie politiche, allo status socio-economico, al livello di scolarizzazione.  
Lo stupro ha un'unica costante: una vittima e uno o più carnefici.

La violenza sessuale è perpetrata ovunque: nelle case, nelle strade, nei Centri di Identificazione ed Espulsione, in pace, in guerra. 


Lo stupro è da sempre uno strumento di assoggettamento al dominio maschile,  una pratica che potremmo chiamare politica, ossia con delle finalità egemoniche,  con delle ricadute pratiche a livello sociale, a livello di gerarchizzazione sociale.  


"La scoperta dell'uomo che i suoi genitali potevano servire come arma per generare paura deve essere annoverata fra le più importanti scoperte dei tempi preistorici, insieme con l'uso del fuoco e le prime rozze asce di pietra. Dalla preistoria ai giorni nostri - è mia convinzione - lo stupro ha svolto una funzione critica. Si tratta nè più nè meno di un processo di intimidazione con cui tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura." (Susan Brownmiller)


Se la paura non fosse funzionale al mantenimento di un'egemonia maschile e se lo stupro non fosse una pratica politico-sociale, esisterebbe una qualche tutela per la donna. Esisterebbero delle pratiche preventive efficaci. Esisterebbe soprattutto un approccio sociale differente da quello che, sia storicamente e sia attualmente, vediamo legittimato; un approccio che miri ad inquadrare la violenza sessuale come una questione maschile, un approccio volto a responsabilizzare e ad educare al rispetto della volontà o no-lontà dell* partner.


E invece...

Ricorderete tutt* la sentenza shock della Cassazione che nel 1999 decretò l'impossibilità di usare violenza sessuale nei confronti di una donna che indossa i jeans. 

Che cosa è cambiato da allora, nell'arco di 13 anni? Sotto un piccolo collage di articoli pubblicati negli anni 1999, 2006 e 2012 (I, II, III).




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Le sentenze cosiddette shock sono poco numerose, ad onor del vero, tuttavia ci danno un'informazione molto utile: ci danno una chiara idea di quali luoghi comuni esistano ancora e siano ancora tramandati socialmente riguardo alla violenza sessuale. 
L'uomo - lo stupratore - ha sempre un'attenuante, fosse anche solo quella di essere in gruppo
Le aggravanti sono da ricercare nella donna. 
Perchè aveva i jeans, perchè aveva già fatto sesso, perchè era transessuale, perchè è una moglie.

La donna è vittima. E' un oggetto. E' de-umanizzata



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Oppure è una provocatrice. Se la cerca. Non si copre abbastanza. Si veste come una battona. Dà troppa confidenza agli sconosciuti. Non gira accompagnata per strada. Non sta abbastanza attenta.





Tanto che alla fine pare che il problema sia della donna.
Perchè è una sprovveduta. O è una puttana.

Tanto che alla fine è la donna che deve risolverselo, seguendo corsi di autodifesa o vestendo abiti monacali. 

E se non è lei che deve risolverselo, allora è la "giustizia", con delle pene certe e più severe.



Ma se proviamo a guardare alla violenza sessuale 
(il discorso vale ovviamente per tutte le tipologie di violenza di genere) come ad una pratica sociale terroristica ed egemonica

ha ancora senso parlare di pene severe, autodifesa, coprifuoco prima della mezzanotte e castrazione chimica? 

Ha ancora senso demonizzare le minigonne, le abitudini sessuali femminili? 

Ha ancora senso differenziare stupratori italiani e "stranieri"?






Pensiamoci. 


"I mass media trattano la violenza sulle donne, ad esempio lo stupro, le percosse e l'omicidio di mogli e fidanzate, o l'incesto maschile con i propri figli, come aberrazioni che riguardano solo l'individuo. Nascondendo il fatto che in verità qualsiasi violenza maschile nei confronti delle donne fa parte di una operazione pianificata". (Marilyn French)

1 commento:

  1. Grazie per questo post. In primo luogo perchè è davvero importante parlare della violenza perpetuata da secoli sulle donne, in qualunque angolo del mondo. Ma soprattutto perchè bisogna avere il coraggio di levare la nostra voce e difenderci dai sopprusi che alcuni uomini, non degni di questo nome, indirizzano verso le donne che li circondano: mogli, figlie, vicine di casa o semplicemente sconosciute.
    Grazie.
    Liz

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