mercoledì 17 ottobre 2012

Anonymous, la caccia al cyber-stalker e la giovane Amanda. Riflessioni sulla vicenda.

Leggo oggi sul giornale un articolo relativo alla recente pubblicazione da parte di Anonymous - nota unione di hacktivists, attivisti hacker - delle generalità del cyber-stalker di Amanda Todd, giovane donna morta suicida all'età di 15 anni.


LA VICENDA

Amanda conosce un ragazzo in chat, che dice di avere 15 anni. Si fida di lui. Alla scoperta della propria sessualità, presumibilmente, e forte di un legame creatosi con questo ragazzo per lei degno di fiducia, la ragazza risponde positivamente alla sua richiesta di mostrare i seni. A insaputa della giovane donna, il tizio scatta una fotografia.
E da quel momento, l'inferno.
Il ragazzo si rivela non degno di fiducia in quanto prende a ricattarla: avrebbe diffuso in rete quell'immagine se lei non si fosse "esibita" per lui.
Quell'immagine, il persecutore che per 3 anni l'ha ricattata e tormentata, la diffonde comunque.
Viene creato un gruppo su Facebook in cui la foto viene resa nota, accompagnata dal nome e cognome di Amanda. Il suo seno diventa di dominio pubblico. E lei diventa lo zimbello della scuola.
Amanda è un'adolescente ed è inutile ricordare quanto quell'età sia delicata.
Lotta contro tutto e tutti, contro le risate e lo stigma, ma non può non accusare il colpo. E' giovane. E quello che è successo fa male, è tutto più grande di lei.
Ansia, panico, solitudine. Isolamento. Stigma.
Un poliziotto che le dice "le tue foto le hanno viste tutti". Gli insulti su Facebook. Le risate e le prese in giro a scuola.
Amanda cambia scuola, cambia anche città. Ma quelle foto la seguono ovunque. Nessuno si prende cura di lei.
Amanda è giovane. Ha paura. Vuole solo essere amata.
Conosce un altro uomo su internet. Probabilmente cerca in lui quell'amore che le viene negato e di cui ha bisogno per vivere, per tornare a vivere come ogni adolescente meriterebbe.
Ma quell'uomo ha una compagna. Una donna che rintraccia Amanda e la aggredisce in pubblico.
Calci. Pugni. Gli spettatori che incitano l'aggressora a dargliene di più. A far vedere a quella ragazzina che cosa succede a non stare al suo posto. Quella puttanella.
Amanda decide di morire e beve della candeggina. Ma una lavanda gastrica la salva.
Su Facebook, nemmeno di fronte al tentato suicidio, gli insulti si placano. C'è chi le suggerisce di fare di meglio la prossima volta.
Arriva il secondo tentativo di suicidio ma non riesce.
E poi, mercoledì 10 ottobre, Amanda ci riesce. Si toglie la vita. Muore.
Vengono diffuse le fotografie della sua autopsia, in cui lei è completamente nuda.


IL PROSIEGUO

Anonymous invia un comunicato ad un'emittente televisiva canadese:
Generalmente non amiamo avere a che fare con la polizia direttamente, ma in questo caso ci siamo sentiti nell'obbligo di utilizzare le nostre capacità per difendere i minori. Questa è una storia a cui non siamo indifferenti.
A tale comunicato si aggiunge un video, con cui le generalità dello stalker  (nome, cognome, domicilio) vengono rese note su Youtube.
Non un 15 enne, bensì un uomo di 32 anni, dedito alla pornografia, pare.
La cosa diventa di pubblico dominio. La polizia teme per la sicurezza di quest'uomo.


LE POLEMICHE

C'è chi ha prontamente sentenziato che quella condotta da Anonymous non sia un atto di giustizia. Che quanto accaduto, lungi dal risarcire Amanda o anche solo la sua memoria, è disonorevole poichè innescherà, se non l'ha già fatto, una sorta di caccia all'uomo.

Amanda e le immagini del suo ultimo e unico video-denuncia.


A costo di risultare crudele, mi domando: e allora?
Questa giovane donna, morta a 15 anni, non ha forse subito lo stesso trattamento, quando era in vita?
Non è stata diffamate, braccata, perseguitata, per via di contenuti digitali resi noti contro la propria volontà? Contenuti che hanno violato la sua intimità, la sua dignità, la sua libertà?
Non è stata forse oltraggiata?
Perchè dovrei preoccuparmi che accada lo stesso al suo aguzzino?

E' difficile non cadere nella logica dell'occhio per occhio e dente per dente, quando ci si trova di fronte a queste vicende drammatiche, che lasciano sconcerto e rabbia nel cuore.
E' difficile non farsi prendere dalla stessa brutalità che ha provocato la morte di Amanda, ora che si tratta del restituire il favore al suo aguzzino.

Ed è altrettanto facile perdere di vista il vero punto della vicenda, la vera nota drammatica e terribile, lanciandosi nella caccia al capro espiatorio.

Che quest'uomo abbia usato violenza su Amanda è indubbio. E rimango fedele, ahimè, alla speranza che tutto il dolore che ha inflitto alla ragazza gli si ritorca contro, triplicato.
Ma non è il solo ad avere responsabilità in questa vicenda.
Non è il solo aguzzino.

Perchè nemmeno da morta ha avuto diritto ad una propria intimità: le immagini dell'autopsia che la ritraevano nuda hanno fatto il giro del mondo.
Perchè se Amanda avesse trovato attorno a sè un contesto di protezione, le cose sarebbero andate diversamente.
Invece intorno a sè non ha trovato altro che astio e crudeli prese in giro. E questo è assai più grave.
Grave perchè sono stati principalmente i suoi coetanei e le sue coetanee a metterla a tappeto.
E si sa quanto l'opinione dei pari conti durante l'adolescenza.

E' questo il vero punto, la nota dell'orrore, nella vicenda.
La risposta che la società - in questo caso la porzione di società, composta da adolescenti - ha dato alla violenza subita da Amanda, la vittima designata.


Immagine utilizzata da un sito internet a commento della vicenda.

Un esempio di "presa in giro" circolato in internet dopo il primo tentato suicidio di Amanda.



NOTE A MARGINE

E' successo anche a me, in piccolo, quando ero una ragazzina.
All'epoca non esistevano web cam e cose del genere, ma le chat già c'erano. E c'erano i telefoni.
Conobbi un ragazzo, tale Umberto, che diceva di avere 20 anni. Io ne avevo 14.
I nostri erano scambi di sms e niente altro. Messaggi "puliti", nessuna nota osé.
Per me questo Umberto era un amico, un amico virtuale, ma pur sempre un amico.
Ebbi un giorno la malsana idea di scrivergli un sms dal telefono di mia madre, dicendogli che quello era il numero di una mia amica. Mi seccava dire la verità e non avevo credito per rispondere dal mio numero ai suoi sms.
Tutto come al solito, finchè un giorno sul telefono di mia madre non arrivò un messaggio che recitava "M. fotte come una cagna" ed altre sconcerie simili. Ovviamente il nome che ho messo puntato qui, era scritto per esteso. A quell'sms ne seguirono altri dello stesso genere.
Mia madre e mio padre vennero a chiedermi spiegazioni e non dimenticherò mai il biasimo presente nei loro sguardi. Come se fosse colpa mia. Come se io, a 15 anni (mai stata baciata!!), dovessi cercare di convincerli che no, non fottevo come una cagna.
Ricordo il gelo che provai. E la vergogna.
E quell'eco che rimbombava nella mia testa suggerendomi "te la sei cercata". Perchè quel ragazzo non lo conoscevo. Perchè probabilmente non aveva affatto 20 anni. Perchè avevo dato confidenza ad uno sconosciuto.


C'è un po' di Amanda nella storia di ognuna di noi. 
Un po' del suo dolore ci è appartenuto.
Non dimentichiamolo quando ci capiterà di incontrare un'altra donna - giovane o meno che sia - in grave difficoltà come lei. Non dimentichiamolo e agiamo di conseguenza. Con amore.
Affinchè nessuna sia più messa in condizione di dire "non ho nessuno, ho bisogno di qualcuno" (qui il video in cui Amanda chiede aiuto).

Immagine tratta dal video-denuncia di Amanda.





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